Da Punto Sicuro del 3 gennaio 2011
La responsabilità del coordinatore per l’esecuzione nei cantieri
Cassazione: il coordinatore per l’esecuzione, se nel corso dei lavori si verificano delle
variazioni che possono introdurre nuovi rischi, è tenuto ad adeguare il piano di sicurezza e di
coordinamento e a sospendere eventualmente i lavori. Di G. Porreca.
In questa sentenza è ancora il coordinatore per l’esecuzione nei cantieri temporanei o mobili al
centro delle attenzioni della Corte di Cassazione chiamata a confermare o meno la condanna a
questi inflitta dalla Corte di Appello per non aver adeguato ed aggiornato il piano di sicurezza e di
coordinamento in relazione alle mutate condizioni di lavoro e di sicurezza sopravvenute in un
cantiere edile durante alcuni lavori di scavo. Secondo la suprema Corte il coordinatore per
l’esecuzione è tenuto anche a sospendere eventualmente i lavori se si rende conto che gli stessi
siano svolti con ulteriori e maggiori rischi per delle sopravvenute varianti ed in attesa che vengano
installate le nuove e maggiori misure di sicurezza a tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori impegnati nell’effettuazione dei lavori medesimi.
La dinamica dell’infortunio e l’accusa.
La Corte d'Appello, riformando la decisione assolutoria del Gup del locale Tribunale, ha ritenuto il
coordinatore per l’esecuzione colpevole del delitto di omicidio colposo commesso, con violazione
delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (articolo 13 del D.P.R. n. 164 del 1956 e
articolo 5, comma 1, lettera a) e b) del D. Lgs. n. 494 del 1996), in pregiudizio di un operaio
infortunatosi mortalmente in un cantiere edile nel corso di alcuni lavori di scavo appaltati ad una
impresa il cui datore di lavoro, anche lui imputato, è stato giudicato in un separato giudizio.
L’operaio si trovava a lavorare, con pala e piccone, in uno scavo di m. 1,70 di profondità e di m.
1,60 di larghezza allorquando il terreno privo di qualsiasi opera di sostegno è franato, circostanza
questa che avrebbe richiesto, tenuto conto della natura di riporto del terreno stesso, un adeguamento
del piano di sicurezza e di coordinamento considerata la necessità, emersa nel corso dei lavori per la
presenza di una condotta per lo smaltimento di acque fognarie, di effettuare gli scavi più profondi
rispetto a quelli originariamente previsti. L’infortunato, che si trovava in fondo allo scavo, è rimasto
travolto dal terreno soprastante franatogli improvvisamente addosso mentre si stava accingendo a
salire in superficie ed è deceduto per la compressione della gabbia toracica.
La corte territoriale, richiamando le conclusioni alle quali erano pervenuti il consulente del PM ed il
perito nominato in sede di incidente probatorio, ha rilevato specifici profili di colpa nella condotta
dell'imputato, per avere lo stesso omesso di aggiornare le prescrizioni di sicurezza attraverso la
predisposizione di un apposito piano di lavoro che, tenendo conto dell'esigenza di eseguire uno
scavo di circa m. 1,70 di profondità, prevedesse la realizzazione di opere di sostegno delle pareti le
cui condizioni di instabilità, e dunque di pericolosità, derivavano, oltre che dalla maggiore
profondità dello scavo, dall'instabilità del terreno già rimaneggiato per precedenti scavi. La stessa
Corte non ha ritenuto invece di addebitare per il suo comportamento alcuna colpa al lavoratore che
si stava accingendo a risalire dal lato opposto rispetto a quello in cui era sceso nella trincea.
Avverso tale sentenza di condanna l’imputato ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione sostenendo
l'infondatezza dell'addebito mossogli di non avere previsto la realizzazione di opere di sostegno
dello scavo, considerato che nel punto incriminato la larghezza dello scavo era di m. 1,60 e quindi
non era necessario provvedere a rinforzi delle pareti e sostenendo altresì che la vittima era stata
investita dallo smottamento del terreno mentre si trovava in un posto in cui non era previsto il
transito di persone e cioè nella trincea stretta entro la quale la tubazione doveva essere posizionata
dall'esterno con l'ausilio di una macchina. Secondo l’imputato, inoltre, i lavoratori, per uscire dalla
trincea, potevano agevolmente utilizzare un altro tragitto, del tutto sicuro, per cui il lavoratore
infortunato non aveva alcuna necessità di attraversare la trincea in quel punto né si poteva prevedere
una sua condotta così assurda ed anomala. L’imputato ha sostenuto, altresì, di aver impartito precise
disposizioni alle maestranze alle quali era stata interdetta la discesa nello scavo principale attraverso
la piccola trincea e che inspiegabilmente, quindi, e contro tali direttive, l’infortunato aveva deciso di
attraversare la trincea nel punto dove si è verificato lo smottamento
La decisione della Corte di Cassazione.
La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso infondato. La stessa ha fatto presente che correttamente
la Corte di Appello aveva rilevato che l'imprevista presenza della rete fognaria sul posto ove
dovevano essere posizionati i tubi della rete idrica, e dunque l'interferenza delle due condotte, aveva
imposto di modificare l'originario piano di lavoro e di adattarlo alla nuova situazione, e che quindi
era nato il dovere da parte dell'imputato ed in ragione della qualifica ricoperta di rielaborare il piano
di sicurezza in vista dell'esigenza di eseguire una diversa tipologia di scavo fino ad allora realizzato
con mezzi meccanici e per effettuare il quale si rendeva necessario l'intervento manuale dei
lavoratori in fondo alla trincea.
Secondo la suprema Corte davanti all'evidente aumento del rischio dovuto alla maggiore profondità
dello scavo ed alla non prevista, originariamente, presenza di operai sul fondo dello stesso, oltre che
alla natura del terreno sul quale si andava ad operare, rimaneggiato e di riempimento della vecchia
trincea, l'imputato, in violazione di precise norme antinfortunistiche “ha omesso di predisporre un
aggiornamento del piano di sicurezza e coordinamento, essendosi limitato a fornire verbali e
generiche indicazioni ai lavoratori (la vittima, peraltro, era stata assunta solo il giorno prima), e di
prevedere interventi sul piano della sicurezza in grado di evitare crolli, e comunque di assicurare
la regolare e sicura prosecuzione, oltre che dei lavori di scavo, anche di quelli, a scavo ultimato, di
posa in opera dei tubi”.
A fronte di tale condotta gravemente omissiva, è stato ritenuto dalla Sez. IV del tutto priva di rilievo
la decisione della vittima di risalire sul piano di campagna utilizzando una via diversa da quella da
altri seguita, via peraltro mai concretamente interdetta. D'altra parte, non era stata predisposta
un'apposita via di risalita né era stato allestito altro mezzo di discesa e risalita non utilizzato dalla
vittima. Le vie di risalita, ha sostenuto ancora la Corte di Cassazione, erano solo quelle venutesi a
creare naturalmente dall'incedere dei lavori di scavo, per cui era del tutto prevedibile che per
l'accesso alla trincea e per ritornare in superficie l’infortunato utilizzasse una di tali vie.
L'addebito che fondatamente era stato rivolto all'imputato è quello di non avere proceduto ad una
revisione dell'originario piano di sicurezza e coordinamento allorché erano emerse non solo la
necessità di procedere ad uno scavo più profondo di quello inizialmente previsto, ma anche la
impossibilità, per la presenza della rete fognaria, di proseguire lo scavo con l'uso del mezzo
meccanico oltre alla necessità di un intervento manuale dei lavoratori in fondo alla trincea. “Tutto
ciò” ha sostenuto e ribadito la Corte suprema, “avrebbe dovuto comportare l'aggiornamento del
piano di sicurezza che verificasse sia la tenuta del terreno di riporto sul quale si svolgeva il lavoro,
sia la fruibilità di vie di discesa nella trincea e di risalita dalla stessa. Temi per nulla affrontati
dall'imputato, limitatosi a verbali e generiche indicazioni”. “Se l'imputato” ha concluso la Sez. IV,
“avesse attentamente esaminato la nuova situazione venutasi a creare per la presenza della rete
fognaria ed avesse modificato il piano di sicurezza in coerenza rispetto al diverso e ben più grave
grado di rischio dovuto alla esigenza di eseguire una diversa tipologia di scavo, eventualmente
imponendo la sospensione dei lavori, in attesa dei necessari approfondimenti, l'infortunio sarebbe
stato evitato”.
Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 13236 dell’8 aprile 2010 (u. p. 17/12/2009) - Pres.
Rizzo – Est. Foti – P.M. Cedrangolo - Ric. I. M. - Il Coordinatore per l’esecuzione, se nel corso dei
lavori dovessero verificarsi delle variazioni che possono introdurre nuovi rischi, è tenuto ad
adeguare il piano di sicurezza e di coordinamento e a sospendere eventualmente i lavori.